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La Storia

Per le ricerche e i testi si ringrazia l'Architetto Giuseppina Torriero, Soprintendenza dei Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Caserta e Benevento.


Descrizione

Durante le guerre sannitiche il luogo era abitato dai pentri e tutta la zona ebbe un importante ruolo negli scontri fra romani e Sanniti. Durante il medioevo fu un crocevia importante nelle tratte che univano il Molise all'Abbazia di Montecassino, tant'è che nella toponomastica del paese e nei resti medievali del centro storico, di caratteristica normanna, si individuano ancora la porta principale del castello in direzione del Molise e il corrispettivo "accesso" in direzione di Cassino. Il castello fu costruito dai conti di Venafro, sorto nell'XI secolo all'interno della Terra di San Benedetto, che aveva nella vicina San Germano il proprio centro politico-amministrativo, Viticuso fu parte del Regno di Sicilia, del Regno di Napoli e dunque del Regno delle Due Sicilie, fino all'unificazione del regno italiano del 1861. Nel 1927, entrò a far parte, insieme agli altri comuni dell'area, della nuova provincia di Frosinone.

Nella seconda guerra mondiale il paese venne occupato dai soldati tedeschi che controllavano la linea Gustav sul versante cassinate.

Viticuso trova la ragione della sua esistenza nella particolare posizione a confine fra terre e collegamenti di straordinaria importanza, fra la Valle Latina e la Valle del Volturno, sulla quale si affaccia, ed è posta ai margini nord occidentali dell'area di influenza della popolazione sannita, a poca distanza dai centri sanniti di Atina e Aquilonia. Deve a ciò la sua tradizione pastorale, legata ai percorsi della transumanza, tracciati in origine dal bestiame in cerca di pascoli ricchi, successivamente utilizzati dalle popolazioni, come vie di collegamento ed infine regolate da regimi d' uso in età medioevale e moderna.
Il toponimo da riferire ad un insediamento di piccola dimensione amministrato da un uomo libero, appare citato per la prima volta nell’accezione moderna in un atto in cui il Duca Longobardo di Benevento, Gisulfo, dona all’Abbazia di Montecassino le terre di Acquafondata e Viticuso.

Viticuso è in quei secoli la frontiera fra i possessi di Montecassino, quelli dell’Abbazia di San Vincenzo al Volturno e la nascente contea di Venafro, centri di contrasti politici che segnarono la storia della seconda metà del primo millennio. Posta poco più a mezzogiorno del percorso che collegava la Valle del Volturno con la ricca città Romana di Atina, Viticuso si colloca su un tracciato altrettanto importante che, con un certo agio collegava gli insediamenti campani e molisani con la Valle Latina e l’abbazia cassinese e gli ancora più strategici approdi sulla costa tirrenica e lungo il fiume Garigliano.

Fu probabilmente attraverso le sue terre che i saraceni nell’866 provarono il primo assalto infruttuoso all’abbazia Cassinese che fu invece distrutta nel 883; due anni prima era stata distrutta anche San Vincenzo al Volturno. La sella che separa il sito lacustre di Viticuso dal versante laziale dell’Aquilone consente la vista fino al mare attraverso la gola di Suio da dove transitarono le incursioni saracene che sfociarono nella battaglia del Garigliano, che probabilmente si combattè ai piedi dell’insediamento di Sant’Apollinare e vide la fine del tentativo degli arabi di conquistare la penisola.

Di volta in volta assegnata all’uno o all’altro dei contendenti, Montecassino o san Vincenzo al Volturno, in base al diverso potere assunto dalle due abbazie, alla metà del X secolo Viticuso comincia ad assumere la connotazione di un castrum. Di un nucleo fortificato si fa menzione nel 1018, periodo in cui i conti di Venafro sottraggono, forse per l’ultima volta a Montecassino, le terre di Viticuso, ricadenti nella loro circoscrizione, per poi rafforzarne l’insediamento e innalzare il castello di Acquafondata. Solo l'intervento di cavalieri inviati dall'abate ricaccia i venafrani nei loro domini. Questa annotazione, consente di ipotizzare come già nel 1018 il nucleo abitato fosse sufficientemente consolidato, al punto che era considerato opportuno fortificarlo come avamposto della contea, al contrario di Acquafondata in cui il castello viene eretto solo in quella occasione.

Il possesso cassinese di Viticuso viene rivendicato con orgoglio da Montecassino nel momento in cui l’Abate Desiderio, papa con il titolo di Vittore III, consolida il ruolo dell’Abazia, nel panorama dei rapporti con il principato normanno di Capua: il nome del Castrum insieme agli altri possessi viene inciso sulle porte bronzee fatte fondere a Costantinopoli per la chiesa abbaziale.

Da quel momento Viticuso perde il suo ruolo di castello di frontiera, per condividere il destino comune delle aree interne, in cui la tradizione pastorale segna il ritmo del tempo, interrotto da eventi catastrofici quali i terremoti ed in particolare quelli della metà del XIV seolo che distrusse l'abbazia di Montecassinio, e quella di un secolo più tardi che portò gravi danni in tutto il territorio, danneggiando probabilmente parte del Castello propriamente detto.

La società basata essenzialmente sulle risorse della pastorizia si dibatte sotto il peso delle decime dovute all'abbazia e per secoli le fonti non forniscono elementi di rilievo che illuminino sugli sviluppi del borgo. In ogni caso la possibilità di raggiungere con un certo agio i centri urbani di maggiore interesse, favorì la presenza di personaggi di spicco sotto il profilo culturale, che mantenevano rapporti regolari con il clero delle vicine diocesi, come attestano interessanti epigrafiche tutt'ora custodite all'interno della chiesa principale.

Negli anni che vedono la nascita del Regno d'Italia, la presenza di aree boscate e di una fitta rete di sentieri, favorisce il fenomeno del brigantaggio che a Viticuso trova un ambiente perfetto per vivere alcune pagine di grande intensità.

Successivamente il progressivo impoverimento delle aree interne viene, solo parzialmente, arginato dalla realizzazione di tratti della viabilità intercomunale realizzata dal nuovo regno agli inizi del novecento.

Nel corso del secondo conflitto mondiale, ancora una volta la posizione di Viticuso che si trova lungo il tracciato della linea difensiva definita linea Gustav, ne causa una parziale distruzione con gravi danni al patrimonio Architettonico e Storico Artistico.

La progressiva perdita di redditività della pastorizia, come attività prevalente, ha condotto ad un lento ma costante abbandono del borgo, che oggi si mostra per la ricchezza delle sue risorse paesaggistiche e della sua storia come particolarmente vocato a tutte le attività legate al tempo libero.

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PEC

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